Con sentenza n. 299 del l’11 dicembre 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondati i ricorsi presentati da alcune Regioni sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 che ha introdotto la lettera d.bis) nel comma 1 dell’art. 3 del D.L. n. 223/2006 (eliminazione delle parole “in via sperimentale” e “dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte”), liberalizzando in questo modo su tutto il territorio nazionale gli orari degli esercizi commerciali al dettaglio. Il primo ricorso era stato proposto dalla Regione Piemonte in data 1° febbraio 2012, in cui si rileva che l’eliminazione delle citate parole era viziata da illegittimità costituzionale in quanto invasiva della competenza residuale regionale in materia di commercio di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. Secondo la Regione Piemonte l’eliminazione di qualsiasi regolamentazione dell’orario di apertura degli esercizi commerciali non solo non agevolerebbe la concorrenza ma, anzi, produrrebbe essa stessa delle discriminazioni. La concorrenza, infatti, presuppone una parità di condizioni a fronte delle quali anche il consumatore trae dei vantaggi. I piccoli commercianti, invece, non avrebbero alcuna possibilità di “competere” con i grandi centri commerciali sul piano della assoluta liberalizzazione degli orari. Tale deregolamentazione aggraverebbe anche le condizioni dei lavoratori e, a maggior ragione, dei piccoli negozi posti all’interno dei centri commerciali. La Regione Veneto, dal canto suo, nel ricorso presentato in data 21 febbraio 2012, dichiara di ritenere che la modifica introdotta all’art. 3, comma 1, del citato decreto non costituisca né adeguamento dell’ordinamento interno al diritto dell’Unione europea né esercizio di competenza legislativa esclusiva dello Stato in relazione alla tutela della concorrenza e alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, lettere e) ed m) della Costituzione. In particolare per quanto attiene all’ordinamento dell’Unione europea non vi è alcuna disposizione incompatibile con una normativa interna che disciplini giorni ed orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. A tale proposito nel ricorso presentato dalla Regione Friuli Venezia Giulia si rammenta che valori quali la sanità e la tutela del lavoro hanno trovato riconoscimento in altri paesi europei in esplicite regole, addirittura di livello costituzionale e si cita il caso dell’art. 140 della Grundgesetz tedesca che sancisce che “la domenica e i giorni festivi riconosciuti dallo Stato rimangono protetti come giorni di riposo lavorativo e di elevazione spirituale e che su tale base la Corte costituzionale tedesca nel 2004 ha fondato la legittimità e la necessità di una regolamentazione restrittiva dell’apertura dei negozi. La stessa Regione Lombardia nel suo ricorso rileva a questo proposito che la Corte di giustizia ha ritenuto che “le discipline nazionali che limitano l’apertura domenicale di esercizi commerciali costituiscono l’espressione di determinate scelte rispondenti alle peculiarità socio-culturali nazionali e regionali e che “spetta agli Stati membri effettuare queste scelte, attenendosi alle prescrizioni del diritto comunitario” (Corte di giustizia CE 20 giugno 1996 C-418/93). Motivazioni similari vengono portate nei ricorsi presentati dalle altre Regioni ( Toscana, Lazio, Sicilia e Sardegna). Intervenendo sul merito di queste censure la Corte costituzionale afferma che nel caso in questione “ l’intervento del legislatore non incorre nella denunciata illegittimità”, in quanto “La norma in esame, infatti, attua un principio di liberalizzazione, rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche”. A parere della Corte costituzionale “L’eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali favorisce, a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico e più aperto all’ingresso di nuovi operatori e amplia le possibilità di scelta del consumatore”. Viene comunque sottolineato che “La liberalizzazione dell’orario degli esercizi commerciali così come delle giornate di apertura, tuttavia, non determina alcuna deroga rispetto agli obblighi e alle prescrizioni cui tali esercizi sono tenuti in base alla legislazione posta a tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti quali l’ambiente, l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la salute e la quiete pubblica”. (o.z.)