Si moltiplicano i casi di Regioni, che non avendo adeguato la propria programmazione commerciale ai criteri qualitativi e non più quantitativi della Direttiva comunitaria 2006/123//CE “Bolkestein”, recepita dalla “Direttiva servizi” con D.Lgs. 26.03.2010, n. 59, si trovano a soccombere nei ricorsi presentati al T.A.R. in sede di contenzioso. Era accaduto tempo fa alla Regione Friuli Venezia-Giulia; recentemente è accaduto alla Regione Sicilia con la sentenza del TAR Sicilia, Sezione Staccata di Catania, n. 1987 del 3 agosto 2012. La vicenda è alquanto complessa in quanto interessa due Comuni (Carlentini e Lentini) e due società (I.S.I. s.r.l. e SERCOM S.p.A.). Accade che I.S.I. S.p.A. presenti al Comune di Carlentini una richiesta di autorizzazione per una grande struttura di vendita di ben 44.535 mq. di superficie di vendita e che la Conferenza di servizi in data 14.12.2009 ne conceda solo mq. 24.584, in quanto è questa la superficie di vendita disponibile nell’ambito del “Bacino d’attrazione” previsto dalla programmazione regionale. I.S.I. s.r.l. non ritira l’autorizzazione e non da seguito ad alcuna realizzazione del progetto. A questo punto entra in azione la SERCOM S.p.A. che chiede al Comune di Lentini, che fa parte del medesimo “Bacino d’attrazione”, l’autorizzazione all’ampliamento di una struttura commerciale per mq. 21.950, ritenendo che a causa della rinuncia della I.S.I. s.r.l. si sia reso disponibile una simile quantità di superficie di vendita. La Conferenza di servizi in data 17.02.2012 esprime però su tale istanza un parere negativo. Da qui il ricorso al TAR da parte della SERCOM S.p.A. Riportiamo ora le motivazioni della sentenza in modo integrale. “Per quanto attiene al primo motivo di gravame deve osservarsi che: a) costituisce circostanza non controversa che la I.S.I. s.r.l. abbia conseguito l’autorizzazione commerciale per l’esercizio di una Grande Struttura di Vendita nell’anno 2007; b) come risulta dall’istruttoria espletata, la I.S.I. s.r.l. non ha mai ritirato il titolo autorizzatorio; c) ai sensi dell’art. 22, quarto comma, legge regionale n. 28/1999, l’autorizzazione decade automaticamente qualora il titolare della grande struttura di vendita non inizi l’attività entro tre anni decorrenti dalla data della deliberazione conclusiva della conferenza dei servizi, salvo proroga in caso di comprovata necessità dipendente da fatti non imputabili all’impresa; d) l’autorizzazione rilasciata alla I.S.I. s.r.l., pertanto, risulta automaticamente decaduta; e) ne consegue che sono tornati disponibili i 21.950 metri quadri del cosiddetto “Bacino d’Attrazione” precedentemente impegnati dal progetto della I.S.I. s.r.l.; f) l’originario progetto della società ricorrente ha ricevuto il favorevole avviso della conferenza dei servizi in data 14 dicembre 2009, di talché il titolo autorizzatorio conseguito dala Sercom s.p.a. non è ancora decaduto; g) il progetto di ampliamento della Sercom s.p.a. per metri quadri 19.951, quindi, avrebbe dovuto essere apprezzato alla luce dell’evidenziata circostanza dell’intervenuta decadenza automatica del titolo rilasciato in favore della I.S.I. s.r.l.; h) l’Assessorato Regionale era a conoscenza dell’intervenuta decadenza automatica dell’autorizzazione rilasciata alla I.S.I. s.r.l., atteso che, come sopra indicato, con nota n. 12564 in data 4 maggio 2010, il responsabile del procedimento, a seguito di richiesta inoltrata al Comune di Lentini dall’Assessorato Regionale delle Attività Produttive con nota n. 2012 in data 19 marzo 2010, ha espressamente rappresentato che la società non aveva provveduto a realizzare alcuna opera. A prescindere, tuttavia, da tali osservazioni, risulta comunque fondato e assorbente il secondo motivo di gravame del ricorso proposto dalla Sercom s.p.a. in quanto: a) l’art. 3, primo comma, lett. d, decreto legge n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006 stabilisce, tra l’altro, che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo n. 114/1998, sono svolte senza essere subordinate al rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub-regionale; b) il successivo quarto comma dispone che le Regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai principi ed alle disposizioni di cui al primo comma entro l’1 gennaio 2007; c) come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza amministrativa (sul punto cfr. Tar Firenze, Sez. II, n. 6400/2010 e Cons. St., Sez. V, n. 2808/2009), a decorrere dall’1 gennaio 2007 perdono efficacia le disposizioni regionali e locali, legislative e regolamentari, incompatibili con i principi di cui al citato decreto legge n. 223/2006; d) nella successiva senza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1972/2011, si è precisato, in particolare, che: – i criteri limitativi di ordine quantitativo in tema di apertura di nuovi esercizi commerciali si pongono in contrasto con la lettura che dell’art. 3 della legge n. 248 del 2006 ha offerto la Corte costituzionale con la sentenza n. 430 del 2007, nel solco di una giurisprudenza più volte confermata (cfr. sul punto le sentenze del giudice delle leggi n. 80/2006 e n. 242/2005); – limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda; – i principi del Trattato dell’Unione e del nostro ordinamento costituzionale impongono ai poteri pubblici di non interferire nel libero gioco della concorrenza, astenendosi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area; – è onere dell’Amministrazione dimostrare che l’eventuale limite sia stato posto per ragioni e finalità compatibili con il citato decreto legge n. 223/2006; e) nel caso di specie tale dimostrazione non è stata fornita dall’Amministrazione Regionale, risultando piuttosto dagli stessi scritti della difesa erariale l’intenzione dell’Amministrazione di provvedere in modo dirigistico ad equilibrare la domanda e l’offerta di mercato al fine di non pregiudicare le iniziative commerciali di piccole e medie dimensioni; e) come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n,. 430/2007, il citato art. 3 non è lesivo delle prerogative legislative regionali in materia di commercio, posto che, come precisato dal legislatore nella norma stessa, le disposizioni da essa introdotte attengono a due materie riservate (ex art. 117, secondo comma, Cost.), alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, cioè la “tutela della concorrenza” (art. 117, comma 2, lett. e) e la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (art. 117, comma 2, lett. m); f) considerazioni di identico tenore valgono in relazione alle previsioni di cui al citato art. 31, secondo comma, decreto legge n. 211/2011; h) a nulla rileva la circostanza che, in ordine alle disposizioni di cui all’art. 31 decreto legge n. 201/2011, il Presidente della Regione abbia promosso ricorso innanzi alla Corte Costituzionale, tenuto conto dei precedenti della giurisprudenza costituzionale di cui si è già fatta menzione; i) a differenza di quanto sembra ritenere l’Amministrazione Regionale l’art. 1, primo comma, lett. h, d.lgs. n 59/2010, consente l’introduzione di deroghe in presenza di motivi di interesse generale che sono specificati nella stessa disposizione e che non possono consistere, come pretenderebbe l’Amministrazione, nell’esigenza di intervenire in modo dirigistico nel libero gioco della concorrenza al fine di tutelare la posizione degli operatori di più modeste dimensioni. In conclusione il ricorso deve essere accolto. Le spese di giudizio devono essere compensate per quanto attiene alla posizione delle Amministrazioni che non si sono costituite in giudizio e del soggetto evocato in giudizio nella qualità di controinteressato, mentre seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo per quanto attiene la posizione dell’Assessorato Regionale. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: 1) lo accoglie e, per l’effetto, annulla il verbale della conferenza dei servizi in data 17 febbraio 2012; 2) compensa le spese di giudizio fra le Amministrazioni non costituite, la I.S.I. s.r.l. e la ricorrente; 3) condanna l’Assessorato Regionale delle Attività Produttive alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di lite, liquidate in complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre accessori di legge se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa”.