Con Decreto legislativo 6 agosto 2012, n. 147 sono state apportate correzioni ed integrazioni al Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, con il quale è stata recepita nel nostro ordinamento la Direttiva comunitaria 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno. L’art. 1 di detto decreto, modificando l’art. 8 e l’art. 10 del D.Lgs. n. 59/2010 ha stabilito che le parole “dichiarazione di inizio attività” (D.I.A.) siano sostituite con le parole “segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241”. In sostanza, come sottolineato nella Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico prot. N. 0189658 del 12.09.2012, “le modifiche, pertanto, hanno provveduto ad introdurre la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in luogo della dichiarazione di inizio attività(DIA), sia immediata che differita,, nonché in luogo delle autorizzazioni di attività non soggette a programmazione, ma solo a verifica dei requisiti”. Come rilevato in un recente articolo di Alessandro Selmin dal titolo “La trappola della SCIA apparso sul numero 2/2012 della rivista “Disciplina del commercio” il passaggio dalla DIA alla SCIA consente all’imprenditore che la utilizza di iniziare l’attività anche lo stesso giorno della presentazione all’ente competente, ma questo purtroppo è l’unico vantaggio”, in quanto l’imprenditore è chiamato a dichiarare di essere in possesso dei requisiti previsti dalle leggi speciali ( ad esempio in materia di igiene e sanità, di ambiente, sicurezza, ecc.) senza sapere se è in grado di farlo e di cosa rischia. Anche il ricorso ad una certificazione di un tecnico abilitato, oltre ad essere costosa, non elimina del tutto i rischi di dover poi cessare l’attività nel caso in cui il possesso di tutti i requisiti, sia personali (soggettivi) che relativi all’azienda (oggettivi) non sia rispettato a seguito dei controlli effettuati dal Comune nei 60 giorni successivi. Non a caso questa procedura semplificata è stata definita “procedura per privati coraggiosi”. La citata Circolare ministeriale pone in rilievo altre modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 147/2012. Ne citiamo alcune. L’art. 71, comma 5, del D.Lgs. n. 59/2010 è stato riformulato in modo da consentire, anche nel caso dell’impresa individuale, la possibilità di indicare un soggetto preposto all’attività in possesso dei requisiti di onorabilità. L’inserimento nell’alinea del comma 6 dell’art. 71 delle parole “al dettaglio” determina poi “l’obbligatorietà del possesso dei requisiti professionali solo nel caso di commercio al dettaglio del prodotti alimentari, con conseguente soppressione di tale obbligo nel caso del commercio all’ingrosso”. Per quanto attiene l’esercizio congiunto dell’attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio la modifica apportata con l’art. 8, comma 2, lettera c) del decreto correttivo che ha sostituito il comma 2 dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 114/1998 comporta “l’eliminazione del divieto di esercizio congiunto dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio”, per cui ne consegue che “in caso di esercizio congiunto l’intera superficie di vendita è sottoposta alle disposizioni previste per l’esercizio del commercio al dettaglio, essendo quelle relative al commercio all’ingrosso liberalizzate anche in caso di grandi superfici di vendita”. Ne deriva pertanto che quelle attività miste (ingrosso e dettaglio) svolte su grandi superfici di vendita (oltre 2.500 mq) (è il caso ad esempio di alcune attività di “bricolage”) vengono ora a trovarsi assoggettate al procedimento autorizzativo tramite la Conferenza di servizi e all’obbligo del possesso dei requisiti in materia di standard di parcheggio pertinenziale ( In Monitor/Area giuridica/Normativa nazionale i testi del decreto e della relativa circolare ministeriale). (o.z.)