Parlare di Parmigiano Reggiano è parlare oggi anche di terremoto, che ha colpito, nel maggio scorso, parte della zona vocata alla produzione che comprende la zone d’incontro delle province di Modena, Bologna e Mantova. Il danno del sisma è stato quantificato di oltre 100 mio di euro e ha interessato 37 caseifici, 600 allevamenti e circa 600.000 forme cadute, di cui 480.000 recuperate o acquistate direttamente dai consumatori e 120.000 distrutte o avviate alla fusione. Il bilancio annuale 2012, illustrato alla stampa il 29 gennaio scorso a Bologna, ha presentato un sensibile calo delle sue quotazioni, ma non la tenuta del consumo nazionale e dell’esportazione. A questo fenomeno finanziario il terremoto è stato estraneo. Infatti, se le forme prodotte sono aumentate di 75.306 unità nei confronti dell’anno precedente portandosi a 3.307.221 e l’export a 42.700 tonnellate (+7,7%), il prezzo è passato da 10,76 euro/kg dal 2011 a 9,12 euro/kg nell’anno seguente (-15%) a causa della legge ciclica della domanda e dell’offerta: la causa è stato l’aumento della produzione del 2011 (+7,1% sul 2010), commercializzata nell’anno seguente. I consumi interni, comunque, hanno tenuto (-0,2% nella vendita negli iper, ma aumento negli altri canali), nonostante la crisi. Ha affermato il presidente del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano Giuseppe Alai: “Tenuti presente tutti questi fattori, del fatto che per l’estero saranno ritirate quest’anno 80.000 forme e della minore disponibilità del prodottio causa terremoto, si dovrebbe avere quest’anno un rialzo delle quotazioni, seguito da una certa stabilizzazione”. A proposito delle aziende produttrici e stagionalizzatrici che hanno subito gli effetti del terremoto, “in assenza ancora totale dei contributi pubblici”, per salvarle dal fallimento si sono mossi comunque con prontezza diversi attori: i consorziati con contributi di 8,1 mio, la distribuzione con 1,2 mio, le donazioni spontanee e le vendite solidali nei caseifici (circa 6 mio di pezzi). La somma raccolta è stata di 2,5 mio, ripartita fra le aziende in proporzione al danno subito. Le esportazioni, che dal 2007 sono quasi raddoppiate (da 21.900 a 42.900 tonnellate : +94,4%), hanno interessato soprattutto il Regno Unito (che rappresenta da solo il 18% dell’esportazione), la Francia (17,9%), gli Usa (17,1%) e la Germania (11,7%), che insieme pesano per il 64,7%. L’obiettivo è di raggiungere le 50.000 tonnellate (ogni forma pesa in media 39,5 kg) entro il 2020. E poi? Si porrà, allora, il problema delle selezione del mercato, dal momento che il territorio di produzione è limitato (province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a ovest del Reno e Mantova a sud del Po). Al massimo, infatti, si potrà arrivare complessivamente a 3,7 mio di forme. In proposito, date le ferree norme capitolari che assicurano la garanzia del prodotto, il Consorzio ha deciso, a causa del latte che comunque le bovine in quarantena producono e di quello che eventualmente non corrisponde a pieno titolo alle caratteristiche richieste per il Parmigiano, di produrre comunque un formaggio, che naturalmente non porterà il nome tipico attuale. In questo modo i produttori potranno usufruire di tutto il latte prodotto, senza doverlo vendere a terzi. Riguardo, infine, all’attività di controllo da parte del Consorzio, nel 2012 ne sono stati fatti 1.287. Le situazioni di non corrispondenza sono state 18, di cui 12 inerenti alla distribuzione del prodotto e 6 alla sua produzione. Queste ultime interessano di solito la corrispondenza del foraggio e il rispetto della quarantena delle bovine da latte. Opera quanto mai preziosa e cruciale, quella del Consorzio, che ha lo scopo di garantire la qualità e l’immagine di un prodotto così prezioso come il Parmigiano Reggiano. (Italo Mora)