In periodo di recessione ufficiale non è di poco conto rilevare i progressi di alcune imprese italiane. Infatti, secondo gli ultimi dati di Confcooperative Emilia Romagna, a cui fanno capo 1.810 imprese, gli occupati nelle imprese associate a quest’ultima sono cresciuti nel 2011 nei confronti dell’anno precedente di quasi 4.000, cioè del 6% circa, raggiungendo il numero di 73.827 . Aumentati, del 14%, anche i soci, che ora sono 388.610, e naturalmente anche il fatturato (+5%) che ha toccato i 25.500 mio. Questi dati dimostrano come la cooperazione, in Emilia Romagna almeno, faccia coincidere sviluppo economico e creazione di lavoro. La situazione generale italiana e regionale, in realtà, non è certo rosea, se è vero che il pil nazionale è diminuito dell’1,7%, i consumi delle famiglie del 2,2%, gli investimenti fissi lordi del 3,8% e il tasso di disoccupazione aumentato dell’8,9%. La regione, dal canto suo, non è riuscita a invertire la rotta, presentando rispettivamente, per le stesse voci, un -1,5%, un -1,9%, un -3,0% e un +5,5%. “Il movimento cooperativo – afferma il rieletto presidente Maurizio Gardini – è riuscito, però, a contenere i danni provocati dalla congiuntura negativa mondiale e ha fatto ricorso in misura insignificante agli ammortizzatori sociali. Ma ora non ci sono più margini di manovra. E’ urgente un nuovo patto per lo sviluppo che possa tenere insieme crescita economica e sistema di protezione sociale”. Nella cooperazione emiliano-romagnola l’andamento complessivo generale nei settori principali di attività di Confocooperative (agricoltura, industria, costruzioni e servizi) si è rivelato, come in Italia, in peggioramento per tutti e quattro, ma soprattutto per quello delle costruzioni. Un po’meglio va quello dell’impresa, soprattutto quello dell’Emilia, meno quello della Romagna. Infatti il giro d’affari in proposito è piuttoso migliorato, pur in stabilità di occupazione. Da notare l’aumento segnato dalle esportazioni agricole regionali. Buono anche l’andamento della Gdo, soprattutto in Emilia e meno in Romagna. Secondo l’indagine congiunturale di Confcooperative Emilia Romagna un grave indicatore, che strozza ogni possibilità di sviluppo ma anche la tenuta delle imprese, sono i tempi di pagamento da parte dei privati che raggiungono la media 83,4 giorni, che colpiscono soprattutto le imprese di costruzione. Per non parlare di quelli pubblici, che toccano i 137,8 giorni. La situazione in Italia ha toccato il fondo, perché ci fa trovare in compagnia con stati in decisa crisi, se è vero che la Grecia presenta un ritardo di 150 giorni e il Portogallo di 130, mentre in Francia i giorni sono 72 e in Germania 40). L’effetto sulle imprese lo si ha dall’aumento del fabbisogno finanziario a breve e a medio-lungo termine, soprattutto nel settore della costruzione. Per questo la cooperazione emiliano-romagnola ha dato avvio a una finanza di sistema con nuovo accordi tra Fondosviluppo (il fondo nazionale in cui confluisce il 3% degli utili delle cooperative), Iccrea Banca e il Confidi cooperativo. Ma più in generale tutto il mondo cooperativo italiano sta continua a stringere sempre di più il rapporto fra le varie centrali cooperative, in vista non solo di coordinamento delle azioni verso il governo, il parlamento e le istituzioni eruopee, ma anche del ritorno all’unione, persa un secolo fa. In un momento in cui la cooperazione in Emilia Romagna non si aspetta neanche quest’anno un cambiamento in meglio.