La marca commerciale rappresenta oggi in Italia il 17,2% delle vendite dei prodotti di largo confumo confezionato, corrispondente a 9 mld di vendite annuali. Questa è la cifra base dell’”VIII rapporto annuale sull’evoluzione della marca del distributore”, realizzato come sempre da Adem Lab dell’Università di Parma e presentato il 19 scorso dal prof. Guido Cristini al salone Maca di Bolognafiere. Una cifra che continua a essere in crescita, nonostante il passsare degli anni e la sopravvenienza della pesante e lunga crisi dell’economia e dei consumi: +7,1% a valore nel 2011 (+18% negli ultimi 4 anni), corrispondente a 600 mio euro. Certo, siamo ancora lontani dalle medie europee. Si pensi solo al 46% della Svizzera, il 32% della Germania e il 31% della Spagna. Una crescita, però, che si sviluppa a lungo termine, dipendente soprattutto dalle strategie e dall’organizzazione delle imprese distributive. Tanti sono i motivi alla base di questo aumento, nonostante la crisi attuale: risparmio per le famiglie (fatto 100 il prezzo di una marca industriale, la media di quello della marca commerciale è 73, basso nei confronti dell’80 della Gran Bretagna, a troppo alto nei confronti del 70 della Spagna, il 68 dell’Olanda e il 62 di Francia e Germania), strumento di competizione fra le imprese, miglioramento del distributore (è colui che la firma), opportunità strategiche per le imprese, possibilità di miglioramento per le piccole-medie imprese italiane ecc. A proposito della difformità di penetrazione con gli altri paesi e fra le insegne in Italia, è da sottolineare il fatto che essa differisce a seconda del ciclo di vita dei sistemi distributivi e dalla diversa percezione della marca commerciale da parte del consumatore a seconda del livello di reputazione delle insegne. E naturalmente dai canali distributivi: in Italia il 16,5% passa dai super (il 17,1% in quelli dagli 800 ai 1.299 mq, il 16,7% da quelli dai 1.300 ai 2.499 mq) e il 14,8% dagli iper (soprattutto dai 5.500 ai 9.999 ma: 15,2%). In proposito i nostri canali vincenti saranno il superstore e il drugstore, quelli stabili il super e l’iper e quelli perdenti la superette, il minimercato e il tradizionale. Come tipologia interna è in discesa la marca d’insegna, mentre sono in ascesa le premium, le bio, le primo prezzo e altre marche. Secondo i territori, il 35,4% delle vendite della marca commerciale avvengono nel nord-ovest (con quota di mercato del 16,3%), il 24,8% nel nord-est (q. m. 17,9%), il 26,8% nel centro+Sardegna (q. m. 17,6% e il restante 13,0% nel sud (q.m. 11,6%). Le tipologie che nel 2011 hanno segnato maggior aumento nelle vendite della marca commerciale sono i supermercati >2.500 mq (+11,8%), i super da 1.300 a 2.499 mq (+8,0%) e gli iper da 5.500 a 9.999 mq, su un totale iper+super di +7,0% (+6,5% nel 2010). Un fattore importante dell’aumento i queste vendite nel 2011 sono state le azioni promozionali, realizzate soprattutto sui prodotti premium e bio. La repartizione dei settori in calo di vendite sono risultate le bevande (-7,5 punti percentuali 2011 sull’anno precedente), la drogheria alimentare (-4,5) e la cura persona (-4,2), mentre in netta ripresa abbiamo avuto l’ortofrutta (+5,9), il fresco (+4,7), il freddo (+2,9), la cura casa (+2,0) e il petcare (+0,7). Secondo il rapporto l’aumento della quota della marca commerciale è il risultato del consolidamento del valore dell’insegna, della centralità della private label nell’offerta di categoria, della ricerca di convenienza relativa, qualità certificata, attenzione alla sostenibilità e dell’adozione da parte delle imprese distributive di un modello organizzativo “coerente”. Infatti negli ultimi anni le insegne “eccellenti” hanno lavorato sul consolidamento della marca commerciale tramite la segmentazione dell’offerta secondo i comportamenti dei diversi segmenti di consumatori, il diverso ruolo di marketing assunto dalle categorie, la differenziazione dalle marche industriali e la diversa attrattività dei canali/formati.