Il convegno svoltosi a Bologna il 18 gennaio scorso sul tema “La distribuzione moderna e la marca commerciale” nell’ambito della fiera “Marca by BolognaFiere” è stata l’occasione per una riflessione approfondita sul ruolo della distribuzione moderna in Italia. Presentando i lavori del convegno Camillo Berardinis, presidente dell’Associazione Distribuzione Moderna (ADM) ha fornito a questo proposito alcune cifre molto significative, Il comparto della distribuzione moderna conta attualmente 450.000 addetti (su un totale di 1.800.000 addetti al commercio), fa annualmente investimenti per 3 milioni di euro, ha rapporti di fornitura con 13.000 imprese ( il cui 75% di fatturato è dato da imprese italiane). Nel corso del periodo 2004-2010 l’incremento dei prezzi per i beni di largo e generale consumo è stato solo del 5%, per cui il comparto della distribuzione moderna ha contribuito ad un contenimento della spinta inflattiva verificatasi nel campo dei servizi. Con un processo di rafforzamento degli investimenti il comparto della distribuzione moderna può pertanto rappresentare un motore per la crescita del Paese, purché le liberalizzazioni annunciate dal governo Monti creino le condizioni per una concorrenza vera, superando i tanti vincoli amministrativi ancora presenti, in particolare a livello delle Regioni, e dando più certezze agli operatori del settore. Queste problematiche sono state riprese nel corso della tavola rotonda (che ha avuto luogo dopo la relazione introduttiva del Prof. Guido Cristini, dell’Università di Parma, sul tema specifico dell’evoluzione della marca commerciale), alla quale hanno preso parte Giovanni Cobolli Gigli, (presidente di Federdistribuzione), Vincenzo Tassinari, (presidente del Consiglio di gestione di Coop Italia), Piero Cavallini (direttore commerciale Valbona) e Maurizio Gardini (presidente di Conserve Italia), tavola rotonda i cui lavori sono stati coordinati dal giornalista Rai Attilio Romita. Vincenzo Tassinari ha rilevato che esiste nel nostro Paese un gap culturale che fa sì che per ignoranza politica la richiesta di liberalizzazioni nel settore venga vista come richiesta di “favori” alla grande distribuzione. Al contrario un processo sostenuto di liberalizzazioni può fare sì che anche in una situazione di crisi prolungata come l’attuale la Gdo possa giocare un ruolo importante nel progetto di rilancio economico del Paese. Prendendo consapevolezza che il ciclo del consumismo esasperato che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni è ormai finito e si apre uno scenario diverso, chi ha voglia di rimboccarsi le maniche può cogliere nuove opportunità, anche utilizzando lo strumento della marca commerciale, quale leva fondamentale per l’interesse del consumatore. In questo quadro la marca commerciale può servire per affermare la propria distintività valoriale, rappresentare una alternativa all’industria e fornire un contributo alla creazione di un valore aggiunto, soprattutto se viene declinata come garanzia non solo di un minor prezzo, ma anche come garanzia di sicurezza e di qualità del prodotto. Anche Cobolli Gigli ha dato molto spazio nel suo intervento al tema delle liberalizzazioni, quale strumento di recupero di efficienza e di produttività per il sistema economico nazionale, ed al tema del contrasto all’evasione fiscale, la cui riduzione del volume (valutato 270 miliardi) potrebbe fornire un serio contributo per diminuire il peso delle future manovre finanziarie che saranno necessarie ai fini dell’abbattimento del debito pubblico. Egli ha affermato a questo proposito che la distribuzione moderna paga le tasse fino all’ultimo centesimo in quanto tutte le vendite sono oggetto di scontrino fiscale e che dobbiamo considerare ladri coloro che non pagano le tasse. Gli sforzi del governo Monti in direzione della lotta all’evasione vanno pertanto sostenuti con vigore sia dal mondo della produzione che da quello della distribuzione. Da questi pochi spunti emerge chiaramente che il convegno svoltosi alla fiera “Marca” è stata l’occasione per una riflessione anche politica in questa fase recessiva che l’economia italiana sta attraversando. (o.z.)